L’aquilone di Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli, le poesie più belle

Testo con analisi

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, (sole sta indicare qui la figura retorica della METONIMIA, cioè il poeta usa la parola “sole” per indicare la mattina)
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.

Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie (morte foglie: indicano l’autunno)
che al ceppo delle quercie agita il vento. (qui il poeta ci sta inserendo in un particolare clima)

Si respira una dolce aria che scioglie (dolce aria: indica la temperatura, che è dolce, mite)
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:

un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina (aria celestina: indica serenità, e la parola “aria” è una metonimia, che indica il cielo)
che regga molte bianche ali sospese…

sì, gli aquiloni! E’ questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.

Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera

bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino (Urbino: indicazione del luogo, Le Marche)
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino. (cometa: sta indicare l’aquilone che viene lanciato nel vento)

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza, (sono tutti termini che riproducono l’andamento dell’aquilone. Pencola, va di  lato, ondeggia come una nave)
risale, prende il vento; ecco pian piano (prende: ecco che l’aquilone finalmente vola)
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.

S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo ( S’inalza è un’anafora)
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

Più su, più su: già come un punto brilla (più su altra anafora)
lassù, lassù… Ma ecco una ventata (lassù ancora un’anafora)
di sbieco, ecco uno strillo alto… – Chi strilla? (finora il poeta ha descritto un clima di serenità, ma qui c’è uno stacco rappresentato da “sbieco” e “strillo” “strilla. Qui inizia un riferimento alla sua esperienza personale)

Sono le voci della camerata mia: (parla del collegio in cui egli ha vissuto)
le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata…

A uno a uno tutti vi ravviso, (qui inizia un ricordo, vede i volti dei compagni della sua infanzia in collegio)
o miei compagni! E te, sì, che abbandoni (tra tutti i compagni ne ricorda uno in particolare)
su l’omero il pallor muto del viso. (pallor indica il pallore del suo volto, che sta ad indicare la sua salute non buona omero = spalla)

Sì: dissi sopra te l’orazioni, (orazioni = preghiere)
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni! (il poeta ci vuol dire “beato te che sei morto da bambino”)

Tu eri tutto bianco, io mi rammento: (bianco: come per “pallor” vuol dire pallido, indice di una qualche malattia di cui il bambino soffriva)
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.

Oh! te felice che chiudesti gli occhi (ci fa capire che questo bambino è quindi morto)
persuaso, stringendoti sul cuore (persuaso, cioè convinto della felicità dell’infanzia)
il più caro dei tuoi cari balocchi!

Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto, (è un’immagine che si riferisce al giocattolo che stringe al petto ed è il simbolo dell’infanzia)
come i candidi suoi pètali un fiore

ancora in boccia! O morto giovinetto, (come i candidi ecc… è una similitudine )(morto, ora ce lo dice chiaramente)
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto…

Meglio venirci ansante, roseo, molle (ora parla della morte)
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle! (ci presenta la morte prematura del bambino: è meglio morire sudati dal gioco, accaldati per essersi divertiti, che arrivarci stanchi e vecchi. Descrive l’immagine l’adolescenza che secondo il poeta alla fine è l’età migliore per morire, perché morendo giovani non si è costretti a vivere una vita di affanni e sofferenze)

Meglio venirci con la testa bionda, (testa bionda indica i capelli chiari, ancora un’immagine della fanciullezza, metonimia)
che poi che fredda giacque sul guanciale, (fredda, morta)
ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre…(onda: pettinatura tipica dell’epoca per i bambini piccoli)

adagio, per non farti male. (indica tutta la delicatezza e la cura che ancora la madre ha col figlio, anche se è morto)

 

Commento

Quando era un giovane studente, Giovanni Pascoli passò un periodo all’interno del collegio degli Scolopi a Urbino (dal 1862 al 1871).

A quell’età felice e spensierata è dedicata la lirica “L’Aquilone”. In essa il poeta ricorda i giorni di vacanza trascorsi insieme ai compagni, passeggiando e lanciando aquiloni nel cielo. Quel tempo passato gli sembra ancora più bello e spensierato di quanto probabilmente fu.

Egli dice di ricordare tutti i suoi compagni e, in special modo, un suo caro amichetto morto prematuramente. Quella morte, che allora lo fece piangere di dolore, adesso gli sembra quasi una fortuna: il suo giovane amico, infatti, ebbe la fortuna di morire nell’età più felice e non alla fine della vita, dopo anni di dolori e sofferenze.  

In generale questa poesia si può dividere in due parti:

  1. Prima parte: è ricca di immagini e colori chiari, che indicano serenità. Egli ricorda i giorni felici in cui insieme ai compagni di collegio trascorreva le giornate a far volare gli allegri aquiloni nel cielo
  2. Seconda parte: è la fase più cupa, nella quale il poeta ricorda la morte del compagno. Anche qui però usa colori chiari, che non danno il senso del dolore che invece la morte dovrebbe avere. Descrive una situazione di morte che comunque definisce “felice” perché per lui la morte non il peggiore dei mali. Vivere tra gli affanni, il dolore e la malattia è sicuramente peggio che morire giovani.

Per approfondire…

Videopoesia recitata da Vittorio Gassman:

Vedi anche Ho sceso dandoti il braccio di Eugenio Montale

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